Il crinale - Narrativa
Consigliato da Samuele
Sì, il suo scopo, in quella sacra valle era cacciare, insegnare al fratello minore le usanze della tribù, errare per la prateria e se necessario coglierne i doni. Ma c’era anche un altro scopo che gravava il suo cuore di domande e di paura. Come avrebbe festeggiare appieno questo giorno, quando tutto ciò che rappresentava rischiava di sparire.
Samuele della biblioteca di Budrio consiglia Il crinale di Michael Punke
1866, dopo la fine di una guerra civile fratricida, gli Stati Uniti riprendono la loro “missione civilizzatrice” nel cuore delle zone più impervie della frontiera americana, arrivandosi a scontrare naturalmente con chi su quelle terre vive da millenni. L’eterno conflitto quindi fra uomo e natura, ambizione di possesso e rispetto dell’ambiente, dei suoi tempi e delle sue tradizioni, rivive nell’ambizioso romanzo di Michael Punke che, nella presentazione dei protagonisti di un’epica battaglia svoltasi dieci anni prima di quella di Little Big Horn, delle loro debolezze e delle loro illusioni, rappresenta l’eterna metafora della guerra come sopraffazione; una sopraffazione prima di tutto di un equilibro millenario che, una volta distrutto, non sarà mai più possibile ricostruire e le cui conseguenze saranno destinate a durare per sempre. I coloni americani infatti decidono di costruire un forte in pieno territorio Lakota, per aprire la strada ad un ulteriore espansione alla ricerca di oro e di terre per le ferrovie. Le tribù indiane capiscono il pericolo e cercano di superarlo utilizzando tutte le loro forza a disposizione, comprese quelle diplomatiche e politiche. Ma nulla, naturalmente, sarà più come prima.
Consiglio questo libro per come sia in grado di sviluppare un tema eterno, mille volte affrontato, con un occhio fortemente moderno ed attuale. I protagonisti infatti prima di tutto, oltre che affrontare i propri demoni interni, devono affrontare la dimensione che tutto circonda e tutto avvolge, vale a dire quella della natura. In questo libro infatti, come nel precedente dell’autore, vale a dire Revenant, la natura diventa protagonista assoluta in una sorta di panteismo tragico che a volte concede ma al più delle volte toglie ai vari protagonisti: infatti anche i più semplici atti legati ai bisogni elementari non appaiono mai scontati e sempre da conquistare con forza a e sudore. Gli uomini avanzano, uccidono, corrompono e soprattutto sfruttano tutto ciò che trovano senza però avere bene in mente quale possa essere il fine di tutto ciò.
Appare appena accennato solo un vago sentimento che porta sempre ad andare avanti, ad avanzare fisicamente proprio laddove sembra non essere necessario andare soprattutto perché lì qualcuno c’è già, con i propri riti, i propri tempi, le proprie usanze e i propri costumi. Sembra davvero che l’ambizione attiri sempre l’uomo solo verso luoghi dove sia possibile scaricare la violenza, anche in modo inutile e sconsiderato.
“Sapeva come anticipare i movimenti dei bisonti. Erano sempre le vecchie femmine ai margini della mandria le prime che si accorgevano della carica dei cavalieri. Muggivano e battevano gli zoccoli per avvertire gli altri animali e, nel giro di un attimo, come un grande drappo che si distende, il moto si propaga verso il lato opposto del perimetro fino a quando l’intera massa era in fuga. Nonostante l’erba fitta, il suolo della tarda estate era così secco che gli animali sollevarono grandi quantità di polvere. In pochi istanti i cavalieri oglala si trovarono inglobati nella amndria in fuga e accecati dalla nube”.
Il crinale
Michael Punke
Einaudi, 2023
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Narrativa, adulti, coloni, nativi, frontiera