Mi ripeto ogni giorno, con la disperazione di chi ha perso un anello in fondo al mare: devo cercarlo, ovunque mi arrivi un segno. Ma resterò in questo terrore segreto, tra due inaccessibili dolori. Nulla si avvicina davvero e nulla se ne va per sempre.

Rosa della biblioteca di Baricella consiglia La cerimonia dell'addio di Roberto Crotoneo.

Vorrei iniziare questa recensione citando un autore che amo molto, Julian Barnes, che qualche anno fa scrisse Livelli di vita, una storia che richiama per certi versi quella di questo libro. L'opera di Roberto Cotroneo, La cerimonia dell'addio, esplora, sebbene in modo diverso da Barnes, il tema della fine.
La fine: un inevitabile momento della vita che, prima o poi, colpisce ciascuno di noi, donandoci attraverso il silenzio l’opportunità di un ascolto più profondo. Ha quasi un potere curativo, permettendoci di rivivere eventi, volti e sentimenti in maniera sorprendente. E proprio quando pensiamo di aver purificato la nostra anima, ci rendiamo conto che il dolore si è semplicemente trasferito altrove.
Viviamo per cercare la felicità, ma dentro ciascuno di noi alberga una malinconia solitaria che, come diceva Rilke, ci ricorda che "ogni cosa felice cade". È fondamentale diventare amici della solitudine e della sua intimità, perché ciò che la mente dimentica, il corpo ricorda. Se la dimenticanza è stata un rifiuto, il dolore ritornerà con un costo ancora più alto.

La cerimonia dell'addio riecheggia un recente dolore personale di Roberto Cotroneo – cui quest’ultimo fa esplicito riferimento, con pudore e dignità, in chiusura dell’opera. Pervaso di tristezza e solitudine esistenziale, il romanzo induce il lettore a interrogarsi sul senso di perdita ineluttabile che attraversa non solo chi subisce un lutto ma anche chi si trova a dover sopravvivere a un’assenza inspiegabile.

I personaggi di Cotroneo sono sempre frammenti del suo stesso essere, e lo interrogano emergendo dai molti cassetti inesplorati della sua mente. Amos, uno dei protagonisti, rappresenta una parte di Cotroneo che è incerta sul da farsi, un personaggio che ha sconvolto la sua quotidianità, presentandosi come un toro indignato, e l’autore non ha né il coraggio né gli strumenti per affrontarlo.

In La cerimonia dell’addio, Cotroneo, romanziere, poeta, appassionato lettore e critico letterario, mette in campo tutte le sue competenze. Non sorprende che una libreria sia uno dei luoghi dove i personaggi si incontrano, si confrontano e si sfidano, in uno spazio dove il tempo si dilata e assume nuove dimensioni.

Ci sono pagine commoventi, cupe, ricche di citazioni che raccontano l’amore di Cotroneo (e di riflesso degli attori del dramma) per la letteratura e la poesia. La prosa è fluida, evanescente sul finale, quando l’epilogo diventa tutto sommato meno importante rispetto all’assunto che il libro tende a corroborare: "la scrittura e la vita sono identiche, vengono soltanto svolte con mezzi differenti”. Si ricorre all’una per comprendere il senso profondo dell’altra, o viceversa. Sempre che un senso esista.

Il libro è ricco di citazioni, da Kundera alle parole di Montale, da Calvino a Omero, da Beckett a Catullo, passando per Julian Barnes e Shakespeare, fino alla celebre lettera di Kafka a Oskar Pollak:

"Ma ciò di cui abbiamo bisogno sono quei libri che ci piombano addosso, che ci sconvolgono profondamente come la morte di qualcuno che amiamo più di noi stessi, come un suicidio. Un libro deve essere un’ascia per rompere il mare di ghiaccio che è dentro di noi."

Ogni libro prova a cambiarci la vita e La cerimonia dell’addio non fa eccezione.

La cerimonia dell'addio
Roberto Crotoneo
Mondadori, 2023

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Narrativa, perdita, introspezione

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