Il tatuaggio è un mezzo, non un fenomeno.
Per tutti quelli che non si sono mai tatuati, il semplice e doloroso atto di inserire
nella pelle un ago imbevuto d’inchiostro rappresenta l’elemento saliente di questa procedura.
Le storie in questo libro sono collegate non solo perché hanno a che fare con l’inchiostro sulla pelle,
ma perché ciascun tatuaggio in questione è indice di qualcos’altro. I tatuaggi sono un patrimonio culturale intangibile.
Ci permettono di comprendere a fondo chi li ha fatti, chi li ha impressi sulla propria pelle e i contesti culturali in cui sono stati realizzati.

Manuela della biblioteca di Castel Maggiore consiglia Corpi dipinti di Matt Lodder

Corpi dipinti è un viaggio affascinante nella storia culturale del tatuaggio. L’autore, un esperto di storia dei tatuaggi e docente di Storia e teoria dell’arte presso l’Università dell’Essex, narra le vite di ventuno personaggi tatuati, spaziando da oltre cinquemila anni fa, fino ad arrivare agli albori del ventunesimo secolo. Ogni capitolo delinea un contesto culturale, analizzandolo sotto il profilo storico, geografico e antropologico. L’esplorazione si estende alle motivazioni che, nel corso del tempo, hanno spinto uomini e donne, a incidere il proprio corpo in modo indelebile, studiandone modalità, strumenti, materiali, composizione dei colori. In sintesi le ventuno tappe della storia del tatuaggio si rivelano essere altrettante tappe cruciali della storia umana.

Partiamo dal 3400 a.C. con Otzi, la mummia più antica d’Europa, e il primo essere umano tatuato. Il suo corpo congelato, rinvenuto al confine tra le Alpi italiane e l’Austria nel 1991, è decorato con sessantuno tatuaggi, distribuiti su varie parti del corpo. Questi tatuaggi, realizzati con pigmenti di fuliggine, si sovrappongono alle ferite, suggerendo un possibile scopo magico o terapeutico. Potrebbero anche essere stati utilizzati per le loro presunte proprietà antiinfiammatorie, mirate ad alleviare dolori e ad allontanare le malattie. Poco più giovane è l’uomo di Gebelein, vissuto intorno al 3300 a.C. nell’antico Egitto, i cui tatuaggi si distinguono per una maggiore complessità artistica rispetto ai precedenti.
Raffigurazioni rituali come la capra berbera, e altri animali, erano comuni in quell’epoca, rappresentando scene di vita quotidiana e potendo celare un significato culturale associato alla forza maschile, all’aggressività e al potere.

Un contesto completamente diverso caratterizza i tatuaggi rinvenuti nei corpi in Grecia nel 499 a.C. In questo periodo i tatuaggi avevano scopi principalmente penali, fungendo talvolta da messaggi legati a strategie militari. Altre volte essi rappresentavano segni punitivi per chi avesse commesso reati, oppure erano marchi assegnati agli schiavi, per indicarne lo status di appartenenza. Nel caso di reati gravi o disobbedienza, i tatuaggi venivano addirittura incisi sui volti dei colpevoli, esponendo pubblicamente la loro vergogna. La prima parte del libro si conclude con un capitolo dedicato a Lady pazyryk, una nobile siberiana vissuta nel 200 a.C. Sul suo cadavere congelato sono stati rinvenuti tatuaggi estremamente dettagliati, raffiguranti fiori e animali, sia reali che fantastici, disposti in modo armonioso su tutto il corpo, suggerendo un insieme di indizi sul complesso sistema di credenze della cultura pazyryk.

Nell’età moderna, il tatuaggio ha assunto diverse utilità. Alla fine del Cinquecento in Italia i bambini abbandonati venivano contrassegnati con un emblema identificativo, al fine di riconoscerli in caso di morte. Nel Settecento i genitori austriaci marchiavano i propri figli, prima di mandarli a lavorare al cospetto di ricchi agricoltori in Germania, per riconoscerli tra i tanti. Talvolta il tatuaggio serviva per rintracciare malfattori e fuggiaschi, mentre in estremo oriente la pratica di dipingere il corpo assumeva in alcuni casi connotazioni nazionalistiche. Il patriota Yue Fei, prima di partire per il fronte a difesa della dinastia Song, si fece tatuare sulla schiena dalla madre, con aghi da ricamo, la scritta “servire nazione massima lealtà”. In Vietnam si riteneva addirittura che i tatuaggi avessero il potere di allontanare i coccodrilli, mentre nella Londra vittoriana essi caratterizzarono e identificarono una banda di malviventi, nota come la banda dei quaranta ladroni tatuati.

Corpi dipinti presenta altri aneddoti singolari che, scorrendo i secoli, avvicinano il lettore al concetto moderno di tatuaggio, considerato come una moda. Nei primi anni del novecento diversi antropologi avanzavano l’idea che l’abbigliamento rappresentasse un’evoluzione culturale del tatuaggio, “meno un uomo si veste, più si tatua la pelle, e più si veste, meno si tatua”. Si diffuse l’ipotesi che il significato originario fosse quello di coprire la nudità. In questo periodo in Europa si cominciò contrariamente a scoprire il corpo, e con esso i tatuaggi, a differenza di quanto accadesse in precedenza, quando venivano tenuti nascosti. Per la prima volta il tatuaggio divenne una moda visibile che si rifletteva sul corpo, contribuendo a una sua accettazione culturale di massa.

Un aneddoto interessante si ritrova nel diario del capitano James Cook nel 1770, dove viene menzionata per la prima volta la parola “tattoo” o “tattow”, intesa come pratica di marchiare la pelle, che l’uomo aveva documentato a Tahiti. Cook notò che nella lingua indigena la parola “tatau” richiamava il suono prodotto dagli strumenti di tatuaggio tahitiani; Ta! Too! Ta! Too!

Dati gli innumerevoli esempi citati dall’autore e la varietà di significati attribuiti ai tatuaggi nel corso dei secoli, abbiamo imparato che sarebbe opportuno astenersi dal chiedere ad una persona tatuata: “Cosa significa?” In quanto, come sottolinea Lodder, considerare il tatuaggio semplicemente come un codice da decifrare, al quale assegnare significati individuali e culturali in modo lineare, è riduttivo. Contrariamente all’ideologia comunemente diffusa, i tatuaggi rappresentano “indici complessi di arte e cultura, che collegano le esperienze interiori alle trame sociali e ai contesti culturali più ampi”.

Il libro è arricchito da un suggestivo repertorio di immagini, quasi a conferirgli l’aspetto di un autentico catalogo di storia dell’arte. A tratti assume la veste di un saggio antropologico che denota sempre una prospettiva sulla storia e l’evoluzione della cultura del tatuaggio.
Grazie alla sua versatilità Corpi dipinti, potrebbe piacere sia ai cultori del tatuaggio, che a coloro che non hanno mai contemplato l’idea di farsi tatuare.

Corpi dipinti: l'umanità in 21 tatuaggi
Matt Lodder
Il Saggiatore, 2023

Clicca qui per saperne di più e verificare la disponibilità nelle biblioteche

Saggi, tatuaggi

Questa pagina ti è stata utile?