Per vivere ci vuole coraggio.

Pierluigi della biblioteca di Granarolo consiglia Rock’n Roll Suicide di Paolo Vites.

A dispetto del titolo accattivante, Rock’n Roll Suicide non parla sempre e solo di suicidio. Infatti, a parte il fatto che non tutti i musicisti citati possono dirsi appartenenti al genere rock, solo per pochi di essi la causa di morte è stata effettivamente il suicidio; per molti si è trattato di circostanze che, per quanto fosche potevano essere, escludevano un atto finale determinato.
Nonostante ciò, ho trovato il libro molto interessante, e lo consiglio, perché illustra alcuni aspetti particolari di queste morti. Per esempio, si può osservare come il teatro del supposto suicidio fosse spesso un albergo, come per Taylor Hawkins, morto per overdose, o per Whitney Houston; e oltre a ciò, si comprende come le morti per suicidio negli artisti siano tutte dovute alla estrema sensibilità di queste persone nel percepire le esigenze umane di felicità, di amore, di giustizia, di libertà, di bellezza e, pur sapendole trasfondere nella loro musica, non riescono a viverle compiutamente e realizzarle.

Un libro da leggere perché, al di là del collegamento o meno al tema del suicidio, traccia le storie di una serie di artisti accomunati da solitudine, traumi e disagi subiti spesso nell’infanzia o nell’adolescenza e, più che altro, dall’uso di droghe e medicinali per sostenere l’incapacità di affrontare i propri demoni.

Rock 'n' roll suicide: il lato oscuro del rock
Paolo Vites
Caissa Italia, 2022

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Saggistica, musica

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